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Mercati: le tre variabili clou del 2022

Elezioni Usa, Pil cinese e nucleare iraniano: ecco a cosa stare attenti e come investire secondo Mirabaud Am

Non solo Covid e inflazione. Secondo Valentin Bissat, senior economist di Mirabaud Asset Management sono tre i fattori che nel 2022 rischiano di influenzare pesantemente l’andamento dei mercati e ai quali gli investitori dovrebbero prestare particolare attenzione. Si tratta delle elezioni Usa di metà mandato, del rallentamento della crescita Cina, e della questione del nucleare iraniano.

Elezioni di metà mandato negli Usa

Oltre a un probabile inasprimento della politica monetaria da parte della Federal Reserve, il 2022 negli Stati Uniti sarà segnato anche dalle elezioni di metà mandato dell’8 novembre. “Poiché sempre più americani stanno diventando scettici in merito alla gestione della pandemia e dell’economia da parte del Presidente Biden – osserva Bissat -, è probabile che i repubblicani riprendano la maggioranza della Camera dei rappresentanti, ma vediamo anche la possibilità che si riprendano il Senato. Se questo dovesse verificarsi, l’agenda di Biden subirebbe una battuta d’arresto”.

Se infatti da un lato c’è poca differenza tra democratici e repubblicani sul fronte delle relazioni Usa-Cina e della regolamentazione delle grandi società tecnologiche, l’economista fa notare che dall’altro sono notevoli le divergenze sulla politica ambientale, fiscale e di spesa. “È probabile che le condizioni finanziarie diventino più restrittive e che l’anno prossimo il premio al rischio azionario si accresca con l’aumentare dell’incertezza. Ciononostante continuiamo a favorire le azioni statunitensi – afferma -. I tassi d’interesse reali resteranno probabilmente bassi nonostante l’aumento dei rendimenti nominali. I consumatori statunitensi possono contare su bilanci più solidi e dovrebbero vedere un aumento dei salari reali, poiché l’offerta di lavoro rimane limitata e l’inflazione sembra tornare su livelli più moderati”.

“Riteniamo che gli utili per azione – prosegue -, pur in rallentamento rispetto a una base di partenza molto alta, dovrebbero crescere di circa il 10%. La forte domanda interna dovrebbe anche permettere alle aziende di proteggere i margini nonostante l’aumento dei prezzi globali. A livello di singoli settori, nonostante le valutazioni elevate, favoriamo le società tecnologiche secolari grazie alla loro elevata redditività, con una preferenza per quelle che si occupano di software rispetto all’hardware e ai semiconduttori”.

La svolta strategica della Cina

Nel 2022 l’impatto economico della spinta cinese alla prosperità comune potrebbe pesare sui mercati emergenti. Con un dato pari al 5%, la Cina è destinata a registrare la crescita del Pil più bassa da molti anni, poiché gli investimenti del settore privato sono contenuti, soprattutto a causa della frenata del settore immobiliare, colpito dalla crisi. “Rispetto agli Stati Uniti e all’Europa, dove il prossimo anno la crescita dovrebbe rimanere al di sopra del potenziale, il differenziale di crescita della Cina si sta riducendo – fa notare Bissat -. Dopo un anno di rendimenti scarsi, per le azioni cinesi continuiamo a vedere un rialzo limitato nella prima metà dell’anno a causa della debolezza degli utili e dei prezzi alla produzione elevati”.

La politica di tolleranza zero della Cina riguardo al Covid, che comporta restrizioni ai viaggi, sarà anche un freno all’attività finché non ci sarà un piano chiaro per il passaggio dalla prevenzione totale alla convivenza con il virus. “Tale politica diventerà probabilmente insostenibile con la nuova variante Omicron. L’attività economica dovrebbe guadagnare slancio nella seconda metà dell’anno, grazie all’allentamento delle restrizioni e all’aumento degli stimoli politici – chiarisce l’economista -. Essendo il maggiore consumatore sia di metalli industriali che di materie prime, il rallentamento della Cina avrà anche un impatto sugli esportatori di materie prime, in parte mitigato dalla domanda derivante dalla transizione verde globale. Comunque, i settori legati alla produzione di energia rinnovabile dovrebbero beneficiare del riequilibrio dell’economia”.

Accordo sul nucleare iraniano

Nel 2018 gli Stati Uniti si sono ritirati dall’accordo sul nucleare iraniano e hanno ripristinato le sanzioni nei confronti di Teheran per negoziare un accordo migliore, secondo i termini dell’amministrazione Trump. Di conseguenza, le esportazioni di petrolio sono diminuite da 2,5 milioni di barili al giorno a meno di 0,4 milioni nel 2021. Secondo Bissat, nel 2022 l’amministrazione Biden potrebbe revocare le sanzioni all’Iran, il che potrebbe far diminuire i prezzi del petrolio mentre cresce l’offerta (secondo l’Eia, l’Iran possiede il 25% delle riserve di petrolio in Medio Oriente e il 12% delle riserve di petrolio globali).

“Diversi fattori che nel 2021 hanno contribuito alla spirale rialzista dei prezzi dell’energia (gas, carbonio, carbone e petrolio greggio) dovrebbero ridursi con la fine dell’inverno. Nel 2021, le basse temperature registrate in Europa per tutta la primavera hanno limitato l’accumulo stagionale delle scorte di gas, mentre il clima rigido ha limitato la produzione di energia eolica e idroelettrica, aumentando così la produzione termica di elettricità. È improbabile che questi fattori transitori si ripetano allo stesso modo nel 2022”, conclude Bissat. 

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