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Mercati, per gli strategist il rischio maggiore è la compiacenza

Sondaggio Natixis Im: solo il 19% vede un rischio significativo di recessione nel secondo semestre. E l’inflazione fa meno paura. Ma i pericoli all’orizzonte sono tanti, a partire dagli utili societari

Dopo un inizio d’anno solido, con l’inflazione in calo, alcuni listini che hanno raggiunto rendimenti a doppia cifra e i rendimenti obbligazionari che hanno toccato i massimi degli ultimi 15 anni, economisti e strategist coinvolti nell’ultimo sondaggio di Natixis IM (condotto a giugno 2023) si sentono più fiduciosi sul fatto che il rischio di recessione si stia allontanando nella seconda metà dell’anno. 

Sulla base delle opinioni di 32 strategist, gestori, analisti di ricerca ed economisti di Natixis Investment Managers e di 13 affiliate, nonché di Natixis Corporate and Investment Banking, il sondaggio rivela che il 50% ritiene la recessione un rischio basso nel secondo semestre. Senza abbandonare la cautela e sottolineando che i venti contrari del mercato si stanno intensificando e che si sta delineando un quadro incerto per il secondo semestre. Quasi tre quarti (72%) teme che l’inflazione si protragga più a lungo del previsto e il 38% pensa che i tassi possano rimanere alti più a lungo del previsto, mentre il 66% è preoccupato anche per gli utili societari.

Un inizio 2023 sorprendente

La prima metà del 2023 ha sorpreso strategist ed investitori. A novembre 2022, il 59% degli investitori istituzionali riteneva che la recessione nel 2023 fosse “inevitabile” e il 54% che fosse “assolutamente necessaria” per contenere l’inflazione*. La realtà è diversa: i mercati hanno realizzato solidi rendimenti, le obbligazioni hanno generato rendimenti interessanti e l’inflazione ha iniziato a calare in tutto il mondo, scendendo al 3% negli Stati Uniti. Il sondaggio rivela che per il resto del 2023 solo il 6% degli strategist ritiene che una recessione sia “inevitabile”, il 53% sostiene che ci sia una “concreta possibilità” e il 9% ritiene che la recessione sia “altamente improbabile”.

Inflazione: da una grande ansia all’accomodamento dei prezzi

Dopo una dolorosa serie di aumenti dei costi, gli sforzi delle banche centrali per allentare la pressione hanno iniziato a produrre risultati nel primo semestre. Negli Stati Uniti, l’inflazione è passata dal 6,5% di giugno 2022 al 3% alla fine del primo semestre di quest’anno, mentre nell’Eurozona è scesa dal 9,2% al 5,5%. Il Regno Unito non è riuscito a tenere il passo, ma sta iniziando a mostrare segnali di attenuazione dell’inflazione, scesa dal 10,5% di fine anno all’8,7% di maggio. Solo il 22% degli strategist intervistati afferma che l’inflazione sia un “rischio elevato” nella seconda metà dell’anno, mentre il 38% non crede che gli obiettivi di inflazione saranno raggiunti fino al 2025 e il 9% afferma che potrebbero non essere raggiunti almeno fino al 2026.

Gli investitori non dovrebbero essere compiacenti: gli ostacoli non mancano

La geopolitica (72%) e l’indirizzo delle Banche centrali (72%) sono considerati i principali ostacoli all’orizzonte. Tuttavia, un quarto (25%) degli strategist non ritiene che la geopolitica avrà un impatto sui mercati nella seconda metà dell’anno, derubricando le questioni geopolitiche a rumors. Le preoccupazioni relative alle scelte delle banche centrali si concentrano sulla questione di quanto e per quanto tempo i tassi rimarranno restrittivi prima che l’inflazione torni ai livelli target. Gli utili societari rappresentano un potenziale ostacolo per il 66% degli strategist coinvolti, ma il 25% è ottimista e sostiene che gli utili potrebbero fungere da catalizzatore nella seconda metà dell’anno. Gli strategist sono divisi anche sulle prospettive della spesa dei consumatori: la metà teme che un rallentamento della spesa possa fungere da ostacolo, mentre il 28% crede che la spesa dei consumatori aumenterà fornendo un catalizzatore per la crescita del mercato. “L’inflazione si sta raffreddando, ma non è ancora finita. La forte spesa per i consumi, l’inflazione dei costi dei servizi e le tensioni geopolitiche potrebbero far perdurare l’inflazione ancora a lungo, determinando un aumento dei tassi ancora per qualche tempo. In generale, gli strateghi ritengono che ci vorrà fino al 2025 per raggiungere gli obiettivi”, ha spiegato Mabrouk Chetouane, head of global market strategy, solutions, Natixis Im.

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