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Non solo inflazione: i 4 grandi rischi per i mercati globali

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Crisi energetica, mercato immobiliare cinese, populismo nei Paesi periferici d’Europa e tensioni Cina-Taiwan: ecco cosa tenere d’occhio secondo Moneyfarm

In un contesto di mercato già molto volatile, dove i timori di inflazione e recessione mantengono alto il livello di nervosismo, secondo Giorgio Broggi, quantitative analyst di Moneyfarm ci sono quattro principali rischi che potrebbero avere un effetto sistemico sui mercati globali: il peggioramento della crisi energetica, i rischi per il settore immobiliare in Cina, l’aumento del tono populista nei Paesi dell’Europa Periferica e il rischio geopolitico Ucraina-Taiwan.

Il protrarsi (o il peggioramento) della crisi energetica

Secondo Broggi, la crisi energetica rischia di peggiorare ulteriormente e potrebbe scatenare una crisi di liquidità per le aziende energetiche europee, mettendo in crisi il sistema economico dell’area geografica e certamente peggiorando le attese recessive per l’economia globale in generale. 

“Negli ultimi mesi – spiega – la volatilità dei prezzi delle materie prime ha messo in luce la fragilità dei bilanci delle aziende energetiche, che devono correre al riparo dal cambiamento dei prezzi in futuro. Per fare ciò, le aziende utilizzano una quantità significativa di strumenti derivati che richiedono un collaterale, cioè una quantità di cash (o simile) che garantisca che siano in grado di pagare la controparte nel caso in cui la posizione derivata vada in perdita. Per fare un esempio, un’azienda che vende energia si protegge da cambiamenti nei prezzi vendendo (attraverso prodotti derivati) contratti energetici nel futuro. Nel caso in cui il prezzo dell’energia crolli, il profitto sulla posizione allo scoperto nei mercati futures compenserebbe la perdita corrente data dalle vendite a prezzi minori. Nel caso di un aumento del prezzo, tuttavia, la posizione con gli strumenti derivati andrebbe in perdita, richiedendo un collaterale più alto e causando un esborso non immediatamente coperto dalle maggiori vendite (che richiederebbero, infatti, più tempo)”.

Per dare un’idea della dimensione del problema, l’analista porta cita la Svezia che ha proposto una linea di credito da 23 miliardi per le proprie aziende energetiche. “Per il momento la situazione sembra gestibile, sia perché i prezzi delle materie prime si sono parzialmente normalizzati, sia perché i regolatori si sono dichiarati pronti a intervenire a supporto. Tuttavia, se la situazione geopolitica dovesse peggiorare o se la riapertura della Cina fosse più marcata delle attese, mettendo pressione sui prezzi delle risorse energetiche, le prospettive per l’economia europea sarebbero molto poco rosee”, avverte.

I rischi per il settore immobiliare in Cina

La Cina rimane in una situazione molto complicata. Nonostante l’allentamento di alcune misure anti-Covid, la seconda economia del mondo sembra più fragile che mai. Il mercato immobiliare continua a tentennare a causa di una nuova, preoccupante, tendenza dei consumatori cinesi che continuano a bloccare i pagamenti per le nuove costruzioni. “Tradizionalmente i costruttori richiedono circa un 30% del pagamento in anticipo, quota che poi viene però sistematicamente utilizzata per finanziare nuovi progetti, piuttosto che per completare velocemente quelli già iniziati – chiarisce Broggi -. I lunghi lockdown hanno ulteriormente ritardato il completamento di proprietà già vendute e parzialmente pagate, scatenando proteste, boicottaggi e mettendo sotto pressione la liquidità del settore immobiliare. Inoltre, a peggiorare le cose, le banche cinesi hanno semi-chiuso i rubinetti di credito per il settore, al fine rispettare le norme governative sui livelli massimi di leva degli istituti creditizi e per le paure legate a un’industria che, dopo il caso Evergrande, sembra decisamente in bolla”. 

“A nostro parere – ,mette in guardia l’analista -, nonostante la situazione non vada sottovalutata, il governo ha reagito prontamente, con una serie di misure sufficienti per dare stabilità. In particolare, il Partito Comunista Cinese è intervenuto sia incentivando la domanda di mutui (per esempio abbassando i tassi), sia istituendo fondi di aiuto per il completamento dei progetti immobiliari, con quasi 800 miliardi di yuan già stanziati. Per il momento i mercati sono soddisfatti delle misure adottate e la domanda per i mutui ha ricominciato a salire, facendo sperare in un graduale miglioramento della situazione. Tuttavia, la deriva sempre più autoritaria del governo e la minor attenzione alle logiche di mercato potrebbero sfociare in misure poco market-friendly e peggiorare le attese di crescita”.

L’aumento del tono populista nei Paesi periferici d’Europa

Il terzo rischio chiave, soprattutto per l’Europa, è che la situazione economica porti i governi ad alzare i toni populisti, proprio come accaduto nel Regno Unito. Se questo dovesse succedere, nei Paesi periferici d’Europa (Italia e Spagna su tutti) gli spread sul debito tedesco potrebbero tornare ai livelli della crisi del debito del 2011, mettendo di fatto a rischio l’esistenza stessa dell’Unione Europea. “I mercati sono attenti al nuovo governo Meloni, che per il momento sembra averli rassicurati, come ci dice lo spread lontano dai massimi degli ultimi anni- afferma Broggi -. Se questa sicurezza dovesse venire meno, il fronte comune europeo su temi come il conflitto in Ucraina e la crisi energetica verrebbe meno, aggravando la fragilità dell’economia nel suo complesso”.

Il rischio geopolitico: Ucraina e Taiwan

Infine, la situazione geopolitica globale rimane l’incognita principale. “Anzitutto, Putin potrebbe dare seguito alle sue minacce e testare armi tattiche nucleari, causando un’escalation poco prevedibile e un possibile conflitto con la Nato. Inoltre, Xi Jinping, durante il Congresso, ha ribadito la sua volontà di annettere Taiwan entro il 2024, accrescendo le paure di un conflitto aperto sull’isola. Nonostante l’escalation di agosto non abbia causato forti reazioni sui mercati, gli Stati Uniti potrebbero intervenire in caso di invasione, con effetti chiaramente catastrofici per l’economia globale”, conclude Broggi.

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