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Obbligazioni di frontiera, come approfittare dell’incertezza

Per Abrdn, in momenti come questo si possono trovare opportunità interessanti nei mercati di frontiera. Ma una selezione accurata è d’obbligo

Anche se non esiste una definizione precisa di mercato di frontiera, in genere questo termine si riferisce ai Paesi a basso Pil pro capite. Secondo l’Onu oggi i Paesi di frontiera sono 46 e sono quelli che tradizionalmente offrono i rendimenti maggiori nell’asset class del debito emergente. È un mercato che negli ultimi anni ha conosciuto una crescita molto sostenuta, raggiungendo una capitalizzazione di mercato complessiva di 865 miliardi di dollari. Di conseguenza, oggi è molto più liquido e diversificato che in passato.

“Naturalmente un rendimento elevato non è mai una condizione sufficiente per investire, prima di decidere bisogna infatti valutare i fattori sottostanti della performance e una lunga serie di altri parametri finanziari – premette Rod Davidson, head of fixed income investment specialists di Abrdn -. I driver negativi al momento non mancano, primo fra tutti la pandemia da Covid-19, seguita a ruota dal crollo del mercato immobiliare cinese, dall’impennata fulminea dell’inflazione globale e dall’inasprimento delle condizioni monetarie. Da ultimo è arrivato anche lo shock della guerra in Ucraina, che ha esacerbato ancor di più le pressioni inflazionistiche globali, mettendo le ali ai prezzi dell’energia”.

Tutti questi fattori hanno senza dubbio fatto salire i rischi connessi alle obbligazioni di frontiera, ma secondo Davidson la prima cosa da tenere presente in questo contesto generalizzato è che i mercati di frontiera sono molto diversi tra loro, il che consente di diversificare l’esposizione ai rischi. “Se prendiamo, ad esempio, l’inflazione vediamo che alcuni mercati di frontiera sono in grado di beneficiare dell’aumento dei prezzi delle materie prime che sostiene la loro crescita interna e le entrate fiscali”, evidenzia.

Anche la volatilità dei rendimenti è un fattore da tenere presente nella valutazione dei rischi. “In passato – spiega l’esperto – l’andamento dei rendimenti delle obbligazioni di frontiera era più simile a quello delle azioni che a quello delle obbligazioni, cosa abbastanza ovvia visto l’alto livello dei rendimenti offerti da questi Paesi. Per tale motivo, quando le azioni globali sono crollate nel primo trimestre del 2021, le obbligazioni di frontiera hanno fatto lo stesso. Va però sottolineato che spesso le cause del sentiment negativo non hanno nulla a che vedere con le condizioni specifiche dei mercati di frontiera, ed è proprio in questi momenti che si possono trovare opportunità interessanti”.

Per Davidson, il quadro tecnico, cioè le condizioni dell’offerta di nuovi bond (nuove emissioni) rispetto alla domanda, è un altro elemento importante per la valutazione dei mercati obbligazionari. “A questo riguardo le condizioni attuali appaiono nel complesso favorevoli ai mercati di frontiera – afferma -, dato che le nuove emissioni da inizio anno sono state scarse. Inoltre, è probabile che le emissioni future si concentrino sui mercati nazionali o sul supporto della Banca Mondiale e di altre agenzie multilaterali. Al contempo, sul lato della domanda i reinvestimenti (gli afflussi delle cedole) sono stati anch’essi positivi in termini netti (cioè superiori al volume di emissioni), il che contribuisce alla stabilità del mercato”.

Ovviamente, la selezione degli investimenti è fondamentale quando si opera nel settore high yield, dove i rischi di ribasso sono intrinsecamente maggiori rispetto alle asset class con rendimenti meno elevati. “In questo contesto è quindi di vitale importanza effettuare ricerche accurate per evitare i Paesi di frontiera che offrono rendimenti alti perché sono in una situazione difficile – sottolinea l’esperto -. D’altro canto, però, è logico che le probabilità di trovare asset a prezzi convenienti siano maggiori in mercati piccoli, come quello delle obbligazioni di frontiera, che nel complesso sono anche meno studiati”.

“Il mercato delle obbligazioni di frontiera oggi offre rendimenti di gran lunga superiori a quelli degli altri segmenti del comparto obbligazionario – conclude quindi Davidson -. In passato le fasi di crisi si sono sempre rivelate le migliori per investire, sia con obiettivi di reddito che di apprezzamento del capitale, in vista della futura normalizzazione dei rendimenti. Bisogna però tenere presente che anche oggi, come in passato, i rendimenti elevati rispecchiano in essenza un contesto di maggior rischio che gli investitori devono analizzare attentamente per essere certi di poterlo gestire. Un’accurata selezione degli investimenti è quindi cruciale per chi desidera approfittare delle opportunità al momento offerte dal mercato delle obbligazioni di frontiera”.

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