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Debito, Emergenti ancora favoriti

Per Candriam, il debito emergente in valuta forte offrirà un risultato di circa il 5% nel prossimo anno. Occhi puntati su Egitto e Costa d’Avorio

“Prevediamo che il debito emergente in valuta forte offrirà un risultato di circa il 5% nel prossimo anno, con un’esplicita sovraperformance degli emittenti high yield rispetto a quelli investment grade”. Parola di Diliana Deltcheva, head of emerging market debt di Candriam, secondo cui ci sono buone opportunità in particolare in Costa d’Avorio ed Egitto. “Gli high yield – spiega – offrono ancora circa 50-100 punti base rispetto ai livelli storici e sono meglio isolati dagli aumenti dei tassi core rispetto agli investment grade. All’interno dei mercati emergenti high yield abbiamo una preferenza verso i crediti con un momentum positivo di riforme strutturali, fondamentali stabili e tendenze di sostenibilità del debito, i cui premi di rischio dovrebbero comprimersi nel medio termine”.

E a questo proposito la Costa D’Avorio è sotto i riflettori. “Rimane uno dei crediti più solidi nell’universo dell’Africa subsahariana – assicura la Deltcheva -. Il Paese vanta un solido track record di alti livelli di crescita, una sana politica fiscale e un impegno con l’Fmi attraverso svariati programmi. La Costa d’Avorio ha registrato in media un tasso di crescita del 7% nel periodo 2016-19 e, dal 2015, è salita di 32 posizioni nella World Bank Ease of Doing Business. Il rapporto debito pubblico/Pil nel 2021 rimane a un livello moderato, del 50%, e dovrebbe tornare alla sua tendenza al ribasso entro il 2023, quando il governo tornerà a impegnarsi a un criterio fiscale del -3% del Pil e la crescita riprenderà a livelli pre-Covid. Nel luglio 2021 la Costa d’Avorio ha ricevuto un upgrade a BB da Fitch”.

Molto interessante anche l’Egitto, a detta dell’esperta. “Troviamo inoltre valore nelle obbligazioni egiziane a più lunga scadenza – prosegue l’esperta -, poiché la curva degli spread 10Y/30Y rimane ripida sia rispetto ai peer high yield dell’Africa subsahariana come Ghana (82bps) e Nigeria (92bps) sia su base autonoma (130bps ora contro una media sui due anni di 100bps)”. 

La Deltcheva sottolinea come Il Cairo sia entrato nella pandemia di Covid-19 con ampi ammortizzatori politici grazie al programma di riforma dell’Fmi iniziato nel 2016. “La pandemia ha comportato un’improvvisa interruzione del turismo e deflussi di capitali significativi, superiori ai 15 miliardi di dollari a marzo-aprile 2020, quando gli investitori si sono ritirati dai mercati emergenti – fa notare -. Il Paese ha ricevuto 8 miliardi di dollari dal Fmi dall’inizio della pandemia ed è riuscito ad attrarre investimenti esteri raggiungendo, nel 2021, il livello, mai toccato prima, di 30 miliardi di dollari. Il rapporto debito pubblico/Pil ha raggiunto il picco del 92% nell’anno fiscale 2020/21 e dovrebbe tornare a una tendenza al ribasso poiché il governo si è impegnato a un avanzo primario del 2%. La crescita ha rimbalzato ai livelli pre-Covid raggiungendo il 5,2%, e nei prossimi 2 anni il 5,6%”. 

Inoltre, l’Egitto mantiene grandi riserve valutarie, superiori a 40 miliardi di dollari e rimane un alleato chiave del Consiglio di Cooperazione del Golfo (EAU e Arabia Saudita) con depositi superiori a 15 miliardi di dollari presso la Banca Centrale d’Egitto, e ingenti finanziamenti bilaterali e multilaterali da Francia, Banca Mondiale, Banca Africana di Sviluppo e Banca Europea per la ricostruzione e lo sviluppo).

Passando alle valute emergenti, per la Deltcheva queste sono ancora messe in discussione dall’assenza di guadagni di produttività sui mercati emergenti, dal compresso differenziale di crescita di questi mercati rispetto a quelli sviluppati e dal deterioramento dei quadri istituzionali o dall’elevato clamore politico nei principali Paesi emergenti come Brasile, Russia e Turchia.

“Le obbligazioni in valuta locale, su base di copertura valutaria, offrono valore su base autonoma poiché la maggior parte delle banche centrali emergenti ha avviato un inasprimento delle politiche monetarie e le obbligazioni locali hanno più che scontato tassi di riferimento più elevati a medio termine”, sostiene.

Infine, le sorprese inflazionistiche e l’aumento della spesa fiscale guidata dalla prossima ondata pandemica pongono rischi per il commercio. “Preferiremmo pertanto un’esposizione tattica e selettiva al segmento obbligazionario locale con sovrappeso in crediti fiscalmente responsabili come Messico e Indonesia, o in crediti più economici in cui i rischi fiscali e di inflazione hanno un buon prezzo, come in Colombia e Sud Africa”, conclude l’esperta Candriam.

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