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Obbligazioni emergenti, non c’è solo la Cina

Per Jupiter Am assisteremo a un’ulteriore volatilità e ad altri default nel settore immobiliare cinese. Ma ci sono molte grandi società a cui guardare con interesse nei mercati emergenti

Il declino di Evergrande è stato impressionante. Solo uno o due anni fa, l’idea che una società di sviluppo immobiliare cinese così grande andasse in default, con un debito di oltre 300 miliardi di dollari, sarebbe sembrata, se non impossibile, piuttosto improbabile. A cosa porterà questa situazione in Cina e Ion Asia e cosa significherà per il resto delle obbligazioni emergenti? A questa domanda ha provato a rispondere Alejandro Arevalo, head of emerging market debt di Jupiter Am, secondo cui lesse class riserva ancora delle opportunità.

“Crediamo che i problemi nel settore immobiliare cinese siano in gran parte causati dalle stesse autorità, che hanno permesso un irrigidimento delle condizioni finanziarie al punto che il Paese si è trovato con un pareggio di bilancio nella prima metà dell’anno – spiega -. Questo ha causato diversi default nel settore, e potrebbero essercene altri in futuro. Questi fallimenti avrebbero potuto essere facilmente evitati: il governo ha ampi mezzi per sostenere queste imprese e rassicurare gli investitori”.

Per Arevalo, le autorità cinesi continueranno a resistere, non intraprendendo il tipo di azione significativa che metterebbe fine alle voci, e potremmo assistere ad ulteriori default. “Finora – fa notare -, abbiamo visto alcune piccole misure destinate a incrementare la liquidità al margine, come l’accelerazione dei rinvii dei pagamenti dei mutui, e un allentamento delle restrizioni sull’uso del carbone. Non abbiamo ancora visto quel tipo di intervento rilevante che potrebbe fermare il peggioramento della situazione, come un taglio ai requisiti di riserva delle banche o un aumento del finanziamento sociale totale, la principale misura per il credito e la liquidità in Cina”.

Perché il governo non interviene? “Pensiamo che il presidente Xi sia serio riguardo alla riforma economica – afferma l’esperto -. La Cina per troppo tempo ha fatto affidamento su una spesa poco proficua per le infrastrutture, in particolare nel settore immobiliare, che ha portato gli sviluppatori non redditizi ad accumulare enormi quantità di debito. Le ‘tre linee rosse’ del governo, i test sui ratio finanziari presentati nel 2020 per porre vincoli agli sviluppatori immobiliari, devono essere presi sul serio. Xi vuole realizzare un vero progresso economico prima che gli venga concesso un terzo mandato al 20° congresso del partito nella seconda metà del prossimo anno. Questo significa non permettere al settore immobiliare di risolvere questo problema assumendo ancora più debiti, e se questo significa inadempienze e minore crescita, così sia”.

Se questa politica della linea dura possa funzionare a lungo termine è un’altra questione. L’80% della ricchezza delle famiglie cinesi è detenuta dal settore immobiliare e, stando ad Arevalo, le perdite causeranno un calo dei consumi a favore della creazione di una riserva di risparmio, con un crollo della crescita economica e un rallentamento del passaggio verso un’economia di consumo a cui Xi punta. Insomma, il governo sta camminando sul filo di un rasoio tra le riforme necessarie e la tanto decantata politica di ‘prosperità comune’ del partito comunista.

“Il nostro scenario di base è che questo equilibrismo continui e che assisteremo a un’ulteriore volatilità e a ulteriori default nel settore immobiliare cinese – afferma -. Un peggioramento sostanziale dei dati economici o qualche tipo di shock saranno probabilmente necessari prima che si giunga a una soluzione sotto forma di intervento statale. Questo significa che nei portafogli siamo sottopesati sul settore immobiliare, e dove abbiamo un’esposizione, siamo posizionati su emittenti di qualità superiore in obbligazioni che saranno presto riscattate, dove la nostra analisi mostra che c’è abbastanza liquidità per soddisfare i pagamenti. Siamo anche sottopesati sulla Cina, dove preferiamo le società al di fuori del settore immobiliare, e più in generale in Asia, dove vediamo che la minore crescita in Cina sta colpendo l’intera regione”. 

“L’unico Paese in Asia su cui siamo sovrappesati è l’India, dove siamo posizionati su titoli del settore della telecomunicazione e utility attentamente selezionati”, prosegue Arevalo, secondo cui il vantaggio di investire in generale sui mercati emergenti è che è possibile diversificare da un Paese o una regione dove le condizioni sono più difficili. “Non è solo l’Asia a essere esposta all’immobiliare cinese – avverte -: è un’asset class da 60mila miliardi di dollari che ha visto decenni di crescita con implicazioni globali. Abbiamo rivisto tutto il nostro portafoglio per assicurarci che l’esposizione alla Cina sia al livello appropriato”.

“Al momento restiamo ampiamente positivi sul rischio nei nostri fondi dedicati ai mercati emergenti, nonostante il sottopeso sulla Cina – chiarisce -. Gli spread del credito dei mercati emergenti rispetto al credito dei mercati sviluppati, quando corretti per rating e duration, sono a buon mercato come lo sono stati negli ultimi cinque anni. Il credito dei mercati emergenti ha offerto opportunità interessanti anche in un anno in cui i tassi d’interesse sono aumentati: l’indice corporate è in rialzo di 90bps al momento in cui scriviamo, e il credito high yield emergente è in rialzo di oltre il 2,5%”.

Ci sono molte grandi società a cui Arevalo guarda con interesse nei mercati emergenti. “L’economia statunitense continua a essere molto forte, e questo beneficia gli esportatori in aree come il Messico e il Brasile. Anche se la Cina rallenta, la domanda globale di proteine beneficia i produttori di carne in America Latina. L’energia è stata un’altra grande storia di mercato nel 2021 (il petrolio è salito di oltre il 75% quest’anno) e questo è stato positivo per le nostre esposizioni in Europa orientale e in Medio Oriente. Poiché i nostri fondi sono impegnati a promuovere la transizione verso la neutralità carbonica entro il 2050, i titoli nello spazio energetico sono selezionati molto attentamente con un focus sulle considerazioni Esg”.

Secondo l’esperto, alcuni Paesi si sono mossi in una direzione positiva, come l’Arabia Saudita, che ha annunciato l’intenzione di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060. “Stiamo svolgendo attività di engagement con tutte le aziende che abbiamo in portafoglio nello spazio EM per incoraggiarle a fare disclosure e ad assumere impegni concreti sul fronte delle emissioni – spiega -. Pur comprendendo perfettamente le sfide che alcune società energetiche, in particolare in EM, potrebbero trovarsi ad affrontare, riteniamo che i minori costi di finanziamento associati alla sostenibilità superino le sfide”.  

“A parte la Cina – conclude quindi Arevalo -, consideriamo anche l’inflazione un rischio, quindi ci stiamo concentrando sulle aziende che possono trasferire la pressione sui prezzi, e siamo diventati leggermente più cauti sui titoli sovrani in Africa. Anche così, l’ampiezza del nostro mercato continua a offrire molte opportunità per creare grandi portafogli con titoli obbligazionari che riteniamo interessanti, che offrono un significativo premio di rendimento rispetto ai mercati del reddito fisso”.

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