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Oro a quota 2.200 dollari entro fine 2021

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Per Ubp il recente calo del lingotto è stato causato dalla mancanza di nuovi stimoli fiscali e monetari, ma i fattori fondamentali alla base della corsa sono ancora in atto

Il calo dell’oro non deve far paura: il lingotto è pronto a riprendere la sua corsa e può arrivare a toccare quota 2.200 dollari entro la fine del prossimo anno. La view arriva da Union Bancaire Privée, che vede dietro al recente rintracciamento due cause principali: la Federal Reserve e il Congresso Usa. “Dopo l’ultimo meeting della Fed, il prezzo dell’oro è sceso da circa 1.950 dollari ai livelli attuali attorno agli 1.870 dollari per oncia. Il calo riflette di fatto la decisione della Fed di non impegnarsi in ulteriori misure di stimolo di politica monetaria. Inoltre, la sfera politica non è stata in grado di trovare un accordo sulla proroga dello stimolo fiscale, il che significa che è improbabile che venga lanciato un nuovo piano di stimolo fino alla fine del primo trimestre 2021”, spiega Peter Kinsella, global head of forex strategy di Ubp.

E la mancanza di stimoli fiscali e monetari ha avuto due effetti: il calo degli asset rischiosi a causa di una prospettiva meno favorevole in termini di stimolo fiscale e quello del prezzo dell’oro, dal momento che misure di stimolo meno aggressive rendono meno probabile un aumento dei livelli di inflazione.

Il sell-off è stato brusco e piuttosto forte. Il ribasso è stato accentuato dal calo del cambio euro/dollaro e dal più ampio rally del dollaro. La correlazione storica negativa dell’oro con il dollaro è ancora valida, a detta di Kinsella, secondo cui è interessante notare come il mercato delle opzioni mostri ancora quanto le inversioni del rischio siano ampiamente determinate dalle opzioni call sull’oro. “È probabile che questa situazione cambierà nelle prossime settimane. Dal momento che gli investitori si rendono conto che è improbabile un rialzo aggressivo, prevediamo che le inversioni del rischio scendano al di sotto degli attuali livelli di circa il 2,6%”, afferma.

Per l’esperto, gli investitori hanno iniziato il terzo trimestre con una propensione al rischio a lungo termine poiché i mercati erano in calo e si sono visti costretti a ridurre le dimensioni delle loro posizioni e ad abbassare il rischio complessivo del portafoglio. “La teoria della finanza comportamentale standard ci mostra che gli investitori spesso chiudono posizioni con performance positive, per finanziare posizioni sottoperformanti – chiarisce -. È importante notare che questo non tende a durare a lungo. A marzo, il prezzo dell’oro è sceso dai livelli di circa 1.700 dollari l’oncia ai minimi di circa 1.500 dollari per oncia. Tuttavia, il calo non si è rilevato duraturo e nel giro di un mese l’oro è tornato a circa 1.700 dollari. Dal momento che le posizioni aggregate corte in dollari e le lunghe in oro erano piuttosto consistenti, qualsiasi esercizio di riduzione del rischio è destinato a portare a una modesta pressione di vendita sulle posizioni in oro. La natura consensuale degli scambi tra posizioni lunghe sull’oro e corte sul dollaro era chiaramente un rischio, come lo sono tutte le operazioni di questo tipo”. 

Il punto centrale, a detta di Kinsella, è che il ribasso attuale è un movimento per la riduzione del rischio e non è causato da un cambiamento di uno dei driver fondamentali per il rialzo dell’oro a lungo termine: profili negativi dei tassi di interesse reali, aumento dell’asset allocation a favore dell’oro, rischi geopolitici, ecc. “Supponendo che il cambio euro/dollaro possa diminuire a livelli di circa 1,15, questo è coerente con un calo del rapporto xau/usd a livelli di circa 1.800 dollari l’oncia. Prevediamo che il cambio oro/dollaro non scenderà molto al di sotto di questi livelli – assicura -. Gli investitori che da marzo non sono riusciti beneficiare del rialzo, utilizzeranno questa opportunità per stabilire posizioni lunghe. Come abbiamo già precedentemente notato, le posizioni nette lunghe IMM non sono aumentate in alcun modo da marzo”.

Per gli investitori con un orizzonte temporale maggiormente a lungo termine, il mantenimento delle attuali posizioni lunghe sull’oro (fisiche o finanziarie) è assolutamente sensato. L’oro infatti, stando all’esperto, beneficerà dell’effetto composto dei tassi d’interesse reali negativi a lungo termine e di ulteriori misure di stimolo non convenzionali, inoltre c’è sempre il rischio di coda delle politiche di ‘helicopter money’, che offrono vantaggi potenzialmente elevati per il metallo giallo. “Manterremmo gli stop sulle posizioni lunghe a livelli appena inferiori ai 1.800 dollari, dove pensiamo che gli investitori cercheranno comunque di entrare con posizioni lunghe”, sottolinea. 

Infine, per gli investitori che cercano di aumentare i rendimenti sulle posizioni in oro, per Kinsella ha ora senso prendere in considerazione la vendita al rialzo di xau call /usd put. “Il rischio di inversione è ancora elevato e il profilo di volatilità relativamente alto rende la vendita di call xau una strategia redditizia. Se esercitata sulla call xau, questa agirà come una presa di profitto su una posizione sottostante”, sostiene.

“L’ultima volta che abbiamo modificato le nostre previsioni sull’oro a maggio abbiamo indicato che l’oro sarebbe salito entro dicembre 2021 a livelli di circa 2.200 dollari per oncia e manteniamo questa previsione, con rischi al rialzo. – conclude l’esperto -. Chiaramente gli scambi in oro non sono più a senso unico e gli investitori dovrebbero prepararsi a una maggiore volatilità in due direzioni. Tuttavia, i fattori fondamentali alla base dell’aumento dei prezzi dell’oro sono ancora in atto e se la pandemia si intensificherà con nuovi casi e lockdown, questo porterà a una crescente pressione sulle autorità monetarie affinché ‘facciano qualcosa’. Qualunque cosa sia, sarà vantaggiosa per il prezzo dell’oro”.

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