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Oro, niente impennate da qui a fine anno

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Ubp non vede movimenti bruschi in entrambe le direzioni nei prossimi mesi. Avvicinandosi alla fine dell’anno, il lingotto potrebbe faticare a salire significativamente sopra i 2.000 dollari

Nel corso dell’estate, l’oro ha faticato a salire in modo significativo. Quest’estate è stato scambiato in un range relativamente ristretto di 100 dollari, all’incirca tra 1.890 e 1.990 dollari. La volatilità del prezzo ha continuato a diminuire e l’ultima misurazione della volatilità implicita a un mese è solo del 10%, la più bassa degli ultimi anni. Ciò, secondo Peter Kinsella, global head of forex strategy di Ubp, dimostra che i mercati non si aspettano movimenti bruschi in entrambe le direzioni nei prossimi mesi.

Per l’esperto, due fattori principali hanno impedito all’oro di scambiare a livelli più alti durante l’estate. In primo luogo, il dollaro si è apprezzato in misura modesta in agosto e, poiché l’oro è valutato in usd, un dollaro più forte tende a trascinare i prezzi dell’oro verso il basso. In secondo luogo, i rendimenti obbligazionari statunitensi a lungo termine hanno continuato a salire e sono ora ben al di sopra dei livelli che molti investitori si aspettavano all’inizio dell’anno. “L’aumento dei rendimenti a lungo termine – chiarisce – è stato determinato dal ritorno dei premi a termine sul mercato obbligazionario statunitense. Supponendo che i premi a termine tornino in linea con le medie storiche, il rendimento dei titoli decennali Usa potrebbe aumentare di altri 75-100 punti base, fino a raggiungere il 5% circa”.

Questo contesto non ha favorito il prezzo dell’oro che, avvicinandosi alla fine dell’anno, secondo Kinsella potrebbe faticare a salire significativamente sopra i 2.000 dollari l’oncia. “In parole povere, finché la normalizzazione dei mercati obbligazionari statunitensi e globali continuerà e salvo un’improvvisa impennata dell’inflazione, l’oro farà fatica a risalire”, avverte.

Nelle ultime settimane le banche centrali hanno modificato la loro retorica e si parla ora di quanto a lungo i rendimenti rimarranno elevati, piuttosto che di quanto aumenteranno i tassi. Questo influisce sull’oro, perché nel lungo periodo i rally dell’oro dipendono dalla durata dei regimi dei tassi di interesse reali negativi, piuttosto che dal livello effettivo dei tassi reali negativi stessi. In altre parole, gli effetti combinati sono importanti. “Le banche centrali – aggiunge l’esperto – stanno implicitamente affermando che mantenere alti i tassi di interesse reali per un periodo prolungato sarà necessario, ne consegue che un rally dell’oro è improbabile. In conclusione, sembra difficile un rialzo dell’oro verso la fine dell’anno”.

Per Kinsella, gli investitori hanno preso atto di questo cambiamento nelle dinamiche di mercato e hanno ridotto le loro partecipazioni in oro sia tramite futures che Etf. “È probabile che nelle prossime settimane e nei prossimi mesi le posizioni si riducano ulteriormente, anche se non ci aspettiamo che gli investitori assumano posizioni corte sull’oro, poiché i rischi geopolitici rimangono rilevanti e continueranno a spingere la domanda di beni rifugio da parte degli investitori che cercano di diversificare l’esposizione al dollaro. Quest’ultimo punto è particolarmente importante per le banche centrali, che quest’anno hanno continuato ad acquistare oro in grandi quantità”, conclude.

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