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Perché puntare su Treasury e bond Usa Ig

Per Pictet Am sono interessanti anche le obbligazioni indicizzate all’inflazione. Cautela invece su quelle high yield e, per ora, sullo yen

Le pressioni inflazionistiche si stanno dimostrando più persistenti del previsto. Il valore sorprendentemente alto dell’inflazione core statunitense a gennaio ha portato il mercato a pensare che la Fed avrebbe potuto alzare i tassi di interesse sino a un picco del 5,5%, circa 30 punti base in più rispetto alle attese di mercato del mese scorso. Le prospettive di rialzo si sono poi ridimensionate (tornate a ridosso del 5%) dopo le difficoltà che hanno colpito il comparto delle piccole banche Usa. Per gli esperti della strategy unit di Pictet Am, nonostante le tante incognite, le previsioni di un calo dell’inflazione statunitense rimangono invariate: sono infatti convinti che l’inflazione dei prezzi al consumo core scenderà al 3,4% entro la fine dell’anno.

“È probabile che le pressioni sui prezzi diminuiranno se le banche ventrali continueranno a ridurre lo stimolo monetario e se le strozzature lungo le catene di approvvigionamento continueranno ad allentarsi. Anche il mercato del lavoro avrà un ruolo chiave. Qui vediamo già segnali di un picco dell’inflazione salariale, un fattore determinante per la pressione sui prezzi”, scrivono in un report.

Ecco perché gli esperti Pictet Am continuano ad avere una visione costruttiva sui Treasury Usa. “Abbiamo inoltre approfittato delle valutazioni interessanti registrate tra la seconda metà di febbraio e l’inizio di marzo (quando i titoli di Stato statunitensi sono tornati a un rendimento a 10 anni del benchmark attorno al 4%, superiore alla nostra stima del fair value sul lungo termine del 3,5%)”, sottolineano. E quel che vale per i Treasury vale ancor di più per le obbligazioni statunitensi investment grade. “Non solo le deviazioni standard dei loro rendimenti a fine febbraio erano 1,5 volte al di sopra della media degli ultimi 20 anni, ma hanno superato anche il dividend yield di alcuni titoli dai dividendi più elevati al mondo. Particolarmente interessanti sono i titoli a breve scadenza emessi da società in settori difensivi”, affermano.

La strategy unit di Pictet Am apprezza poi anche le obbligazioni statunitensi indicizzate all’inflazione, i cui rendimenti reali a due anni si aggirano intorno al 2% e paiono particolarmente interessanti, rendimenti anche superiori al dividend yield dell’indice S&P500 per la prima volta dal 2009. “Per il resto – si legge ancora -, continuiamo a sovrappesare il debito in valuta locale dei mercati emergenti. Le Banche Centrali delle economie emergenti stanno fornendo stimoli monetari per sostenere la ripresa e incentivare i prestiti. Anche questa asset class dovrebbe beneficiare della debolezza del dollaro. Alla fine dello scorso mese, il dollaro si è rafforzato con l’allargamento del differenziale di rendimento tra Stati Uniti e il resto dei mercati; ciononostante, prevediamo un indebolimento del biglietto verde nei prossimi mesi, in linea con le nostre previsioni di una svalutazione del dollaro statunitense superiore al 10% (pesato per gli scambi commerciali) nei prossimi cinque anni”.

Per contro, in Pictet Am continuano ad essere cauti sulle obbligazioni high yield. “L’asset class ha iniziato bene l’anno, guadagnando oltre il 4% da gennaio in un rally che ha visto una riduzione di circa 80 punti base degli spread di credito nel comparto high yield. Tuttavia, riteniamo che i prezzi di mercato attuali siano in contrasto con i fondamentali. Va detto che, è quasi certo che i tassi di insolvenza (attualmente all’1,5% negli Stati Uniti e al 2,6% in Europa) saliranno, poiché eventuali condizioni di prestito più restrittive e un rallentamento della crescita potrebbero spingere verso l’insolvenza alcuni emittenti appartenenti a quella fetta del mercato più in difficoltà, come i ciclici con rating CCC. Per le obbligazioni più speculative, vediamo spread di rendimento più alti di circa 400 punti base rispetto ai titoli di Stato e che potrebbero potenzialmente raddoppiare nei prossimi mesi”, prosegue il report.

Per quanto riguarda il posizionamento valutario, gli esperti Pictet Am hanno declassato lo yen giapponese da sovrappeso a neutrale. “Lo stimolo monetario da parte della Bank of Japan viaggia al ritmo più sostenuto degli ultimi tre anni, mentre il governatore entrante, Kazuo Ueda, si è impegnato a mantenere i tassi di interesse a livelli bassissimi e ha messo in guardia contro il rischio di una stretta monetaria in risposta a un’inflazione spinta soprattutto dai costi. Ciò ha frenato il tentativo di apprezzamento dello yen dopo aver toccato, nel 2022, il livello più basso degli ultimi 36 anni rispetto al dollaro”, sottolineano.

“Nel lungo termine, tuttavia, prevediamo un rafforzamento dello yen. Riteniamo infatti che l’attuale fase di allentamento monetario non sia sostenibile; anzi, pensiamo che la BoJ stia solo preparando il terreno per abbandonare in modo ordinato la controversa politica di controllo della curva dei rendimenti nel corso dell’anno, prima di uscire finalmente dalla politica dei tassi di interesse negativi”, conclude il report.

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