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Private equity, il 2023 è l’anno per investire

Prestiti tra privati

Secondo Swisscanto, l’attuale contesto offre buone opportunità di ingresso per gli investimenti in private equity, con focus a lungo termine, che possono anche fornire protezione contro l’inflazione 

La combinazione tra il deciso aumento dell’inflazione e quello dei tassi d’interesse, nonché i timori di recessione, hanno colto impreparati molti investitori. Nell’ultimo anno sia le azioni sia le obbligazioni hanno perso valore in modo significativo. È probabile che nel 2023 l’inflazione si indebolisca, rallentando così l’aumento dei tassi d’interesse, ma nel medio termine ci si deve aspettare un aumento della volatilità e dei rischi sistemici. L’inflazione, inoltre, rimarrà fortemente al di sopra dei livelli degli ultimi anni. Questa situazione, a detta di Andreas Nicoli, gestore del fondo Swisscanto (CH) Private Equity World Carbon Solutions, offre un buon punto di ingresso per nuove esposizioni al private equity come integrazione dei portafogli. “Nella ricerca di ritorni reali positivi, questi investimenti hanno finora dimostrato di fornire ritorni netti significativamente superiori ai tassi d’inflazione e alle azioni”, assicura.

Sfruttare un’eventuale recessione come punto di ingresso

Secondo Nicoli, uno sguardo al passato mostra che il private equity tende ad avere una correlazione più debole con le asset class tradizionali, sovraperformando la performance media (tasso di rendimento interno, Irr) degli indici azionari globali, sia nel breve sia nel lungo termine.

“Gli investimenti sui mercati privati  – sottolinea – hanno anche registrato una performance migliore rispetto alle società quotate di minori dimensioni (small cap). Gli investimenti in private equity sono risultati più resistenti rispetto alle società quotate, soprattutto nelle recessioni. Ciò è dovuto al fatto che le società private possono spesso reagire più rapidamente ai problemi operativi e ai cambiamenti del mercato. È interessante notare che molti dei fondi di private equity più redditizi, incentrati su operazioni di buyout, sono stati lanciati in periodi di recessione. Secondo Preqin, il ritorno medio annuo dal 1980 è stato di oltre il 14%”.

La selezione del fund manager è fondamentale

Si registrano tuttavia notevoli differenze nell’attuazione della strategia d’investimento tra i gestori di private equity. E, come fa notare l’esperto, ciò comporta elevata diversificazione nei risultati. “Nel 2019, la differenza di rendimento tra i migliori e i peggiori fondi di private equity è stata di circa 35 punti percentuali. Per questo motivo, la selezione e l’accesso ai migliori gestori sono fondamentale”, avverte.

La decarbonizzazione offre interessanti opportunità

Il mercato degli asset privati è cresciuto enormemente. Secondo un rapporto di Bain & Company, i capitali raccolti ammontavano a 108 miliardi di dollari nel 2003 e hanno superato i 1.200 miliardi di dollari nel 2021. La dry powder, cioè il capitale di investimento ancora da utilizzare, ammontava a circa 500 miliardi di dollari nel 2003, contro i 3,4 trilioni di dollari nel 2021. “Attualmente – spiega Nicoli – si assiste anche a un rapido sviluppo dei fondi di private equity che si concentrano sulle questioni ambientali. In questo ambito ci aspettiamo che siano generati premi più elevati su temi specifici e sostenibili. La nostra attenzione è rivolta a società che si posizionano strategicamente come fornitori di soluzioni per la trasformazione ecologica attraverso prodotti o servizi che possono trarre vantaggio dal megatrend della decarbonizzazione. Si tratta di un ambito che beneficia di un crescente sostegno da parte della società e di un forte supporto finanziario da parte della politica”. 

“L’anno scorso, ad esempio – prosegue – negli Stati Uniti è stato approvato l’Inflation Reduction Act. Questo ha aumentato in modo massiccio i crediti d’imposta per le aziende che operano nella produzione di energia sostenibile, ad esempio. Anche l’Unione Europea sostiene le soluzioni a basso contenuto di Co2, o quelle che evitano del tutto le emissioni, nell’ambito del Green Deal dell’Ue”.

Attenzione alle società con elevati livelli di debito

Gli investimenti in private equity offrono diversi gradi di protezione dai rialzi dei tassi d’interesse. “In particolare – prosegue l’esperto -, si registra pressione su operazioni pesantemente finanziate dal capitale di debito e non possono generare una crescita elevata. Il debito, però, gioca un ruolo minore nell’ambito growth e venture capital. Anche i fondi specializzati in buyout per operazioni ad alta capitalizzazione hanno difficoltà a eseguire transazioni con prezzi di vendita elevati. In generale, un contesto di inflazione persistente ed elevata metterà a dura prova il private equity nel suo complesso”.

In definitiva, per Nicoli la domanda chiave è: quanto è elevata la crescita profittevole e quanto una società è in grado di trasferire l’aumento dei costi ai clienti? In questo contesto, l’accesso diretto alle società più promettenti e le capacità di selezione sono fondamentali. “Finora il private equity si rivolgeva soprattutto agli investitori professionali, ma oggi è in atto una forma di ‘democratizzazione’. Continuano a nascere prodotti finanziari e piattaforme digitali che consentono di investire individualmente in società non quotate e fondi con soglie di ingresso contenute. Bisogna però segnalare che minore è la diversificazione, maggiore è il rischio potenziale di perdita”, conclude.

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