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Recessione? Meglio puntare sull’Asia

borse in asia

Per Ubp, le banche centrali spingeranno l’economia in recessione. Le prospettive migliori in Asia

Le prospettive per il 2023 sono state riviste al ribasso, con una recessione tecnica in vista nei prossimi trimestri nei Paesi sviluppati. Secondo Norman Villamin, chief investment officer (wealth management) di Union Bancaire Privée, i Paesi emergenti, in particolare quelli dell’Asia, offrono prospettive relativamente più costruttive, in quanto la Cina dovrebbe registrare una crescita più solida nel 2023.

“L’inflazione – spiega – dovrebbe diminuire rispetto al suo picco, ma solo gradualmente, lasciando l’inflazione ancora al di sopra del 2% nel 2023. La politica monetaria restrittiva dovrebbe rimanere in vigore per i prossimi trimestri, poiché i banchieri centrali si concentrano sulla lotta all’inflazione a scapito della crescita e dell’occupazione”.

L’Asia offre prospettive relativamente più costruttive per il 2023

Secondo Villamin, l’attività economica in Cina dovrebbe beneficiare delle rinnovate misure fiscali e monetarie. Di conseguenza, la crescita nel 2023 dovrebbe raggiungere il 5,2%, in quanto gli ostacoli derivanti dalla politica di Covid e dal settore immobiliare dovrebbero essere meno pesanti. “I Paesi asiatici dovrebbero registrare una crescita aggregata del 4,2% nel 2023 – afferma -, in quanto i positivi trend demografici e i fondamentali solidi contribuiscono a far crescere la regione nonostante la forza del dollaro e l’aumento dei tassi di riferimento nel 2022”.

Stati Uniti, occhi sulla Fed

Passando agli Usa, per Villamin la domanda interna dovrebbe rallentare significativamente nei prossimi trimestri, a fronte di un’inflazione ancora elevata e di condizioni finanziarie più rigide. Anche la creazione di posti di lavoro dovrebbe rallentare. “I rischi di ribasso indicano una contrazione più profonda della domanda e un’importante inversione di tendenza del mercato del lavoro, piuttosto che l’atterraggio morbido previsto dalla Fed”, sostiene.

Europa: rischi crescenti di una recessione profonda e duratura

Peggio va al Vecchio Continente. “Il Regno Unito e l’Eurozona sono le regioni più esposte alla crisi energetica, con l’inflazione che non ha ancora raggiunto il suo picco, costringendo le banche centrali a spostare i tassi di interesse in un territorio più restrittivo – sottolinea l’esperto -. L’attività dovrebbe contrarsi nei prossimi trimestri e potrebbe rimanere depressa fino al 2° trimestre del 2023. I rischi di razionamento del gas e dell’elettricità durante l’inverno sono significativi, nonostante gli sforzi dei governi per risparmiare energia e per limitare i prezzi del gas e dell’elettricità con nuovi sostegni mirati”.

Il ruolo della politica monetaria

Secondo Villamin, la politica monetaria dovrebbe rafforzare la tendenza all’inasprimento dei tassi di riferimento nei prossimi mesi. L’uscita dalla pandemia globale e la crisi energetica hanno infatti prolungato il rimbalzo dell’inflazione, mettendo a rischio la capacità di controllo dell’inflazione da parte delle banche centrali. “Nei paesi emergenti, le banche centrali hanno ritoccato rapidamente i tassi di riferimento, in particolare in America Latina. Nei Paesi sviluppati, il ciclo di rialzi è iniziato più tardi. Le banche centrali dei Paesi sviluppati, con l’eccezione del Giappone, devono effettuare rialzi sostanziali dei tassi per limitare le aspettative di inflazione a medio termine ed evitare effetti di secondo impatto”, fa notare.

Nel secondo semestre 2022, i rialzi dei tassi rappresentano più di una semplice normalizzazione della politica nei Paesi occidentali. L’obiettivo è spingere i tassi al di sopra del livello neutrale e mantenerli in territorio restrittivo fino a quando l’inflazione non diminuirà in modo significativo. “Le banche centrali hanno respinto qualsiasi ipotesi di un cambiamento della politica, così come un ritmo più lento negli aggiustamenti nel secondo semestre, indicando tassi terminali più elevati associati a un lungo periodo di condizioni finanziarie rigide – prosegue -. Inoltre, l’inasprimento quantitativo potrebbe rafforzare la stretta della politica monetaria sulle economie occidentali. La domanda interna, il credito al settore privato e l’immobiliare residenziale potrebbero risentire nei prossimi trimestri di questo inasprimento”.

Inoltre, a detta dell’esperto, mentre l’inflazione dovrebbe diminuire progressivamente nei prossimi trimestri, la volatilità dei sottosettori potrebbe rivelare dinamiche diverse tra l’inflazione headline e quella core, a favore del mantenimento di un orientamento monetario restrittivo. “Come già visto negli anni ’70 e ’80, l’attuale inflazione elevata e la volontà di riportare l’inflazione verso gli obiettivi richiedono una stretta monetaria più dura di quella inizialmente prevista per il 2022, che dovrebbe porre fine all’attuale ciclo economico – avverte -. Come ha sottolineato il presidente della Fed Powell, i vantaggi di questa politica risiedono nel medio termine, in quanto crea le condizioni per un ciclo futuro più equilibrato. Tuttavia, ciò ha il costo di una recessione nel breve termine, senza un reale controllo sull’entità e la durata della contrazione”.

“Per controbilanciare l’aumento dei tassi di interesse reali e ricostruire un nuovo ciclo economico, le forze trainanti dovrebbero essere il rafforzamento della R&S e l’aumento della produttività: questi dovrebbero derivare da azioni governative mirate e da un rinnovato ciclo di investimenti privati, in particolare dalle opportunità che emergono dal cambiamento climatico e dai nuovi settori energetici”, conclude Villamin.

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