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Reddito fisso, tre motivi per essere ottimisti

Secondo abrdn, i mercati del reddito fisso sono stati difficili, ma è per questo che potremmo aver raggiunto un punto di svolta

Il 2023 sarà il punto di svolta per gli investitori del reddito fisso che soffrono da tempo? I mercati obbligazionari riusciranno finalmente a fornire rendimenti dopo aver arrancato per tanti anni? Le banche centrali invertiranno la traiettoria ascendente dei tassi di interesse, aumentando l’attrattiva dei titoli a reddito fisso? Queste sono alcune delle domande che gli investitori si stanno facendo alla fine di un anno terribile per i mercati finanziari, il peggiore a memoria d’uomo per quanto riguarda le performance obbligazionarie. E James Athey, investments director di abrdn, non ha dubbi: ci sono i presupposti per un’inversione di tendenza per le obbligazioni che potrebbe essere altrettanto drammatica, se non di più, di quella che abbiamo dovuto sopportare finora. 

“All’inizio di quest’anno – spiega – con l’invasione russa dell’Ucraina, a cui hanno fatto seguito le interruzioni delle forniture globali di energia e cibo, aggravando i problemi di approvvigionamento legati alle chiusure di Covid, si è scatenata un’inflazione che la maggior parte di noi non vedeva da decenni. Molte banche centrali sono state costrette ad alzare i tassi per evitare che i prezzi finissero fuori controllo. I responsabili politici si sono impegnati a continuare ad alzare i tassi fino al prossimo anno, anche se ciò significa spingere le economie in recessione”.

Cattive notizie per il reddito fisso

In teoria, le obbligazioni sono un asset difensivo e dovrebbero performare bene nei periodi di aumento del rischio, rallentamento della crescita economica, guerra, incertezza generale. In pratica, però, la performance delle obbligazioni ha deluso quest’anno, soprattutto se paragonata a quella di asset class più rischiose come le azioni. Per Athey, si tratta di un risultato straordinario, se si considera il prezzo delle azioni, in particolare di alcuni titoli connessi alla pandemia e alla tecnologia.

“Uno dei motivi è che le azioni hanno un certo grado di protezione dall’inflazione, in quanto le società possono aumentare i prezzi – sottolinea -. Le obbligazioni, invece, pagano una cedola nominale fissa, che l’inflazione erode, lasciando agli investitori un rendimento reale inferiore.

Inoltre, i rendimenti obbligazionari erano così bassi all’inizio di quest’anno che la duration media delle obbligazioni, il periodo di tempo prima della scadenza, era molto elevata, in quanto gli investitori cercavano rendimenti marginalmente migliori nei titoli a più lunga scadenza. Le obbligazioni erano quindi costose e il conseguente calo dei prezzi, a fronte dell’aumento dei rendimenti, è stato molto forte”.

Perché osiamo essere ottimisti

I mercati obbligazionari sono stati difficili, ma è per questo che secondo Athey potremmo aver raggiunto un punto di svolta. “La recessione metterà sotto controllo l’inflazione – afferma -. L’anno prossimo l’attività economica globale rallenterà, poiché i prezzi elevati dei prodotti alimentari e dell’energia si combineranno con gli alti tassi di interesse (e infine con la perdita di posti di lavoro) e porteranno alla recessione. Quando l’economia si indebolisce, l’inflazione dovrebbe diminuire. Le attuali quotazioni di mercato suggeriscono che l’indice dei prezzi al consumo (CPI) degli Stati Uniti scenderà a circa il 3% entro dicembre 2023, rispetto all’attuale 8%. Dinamiche analoghe sono ormai scontate nella maggior parte dei principali mercati”.

Seconda ragione per essere ottimisti è che banche centrali interromperanno la stretta monetaria. “La recessione, unita a un calo significativo dell’inflazione globale, consentirà alle banche centrali di rallentare e infine di annullare i rialzi dei tassi d’interesse – argomenta l’esperto abrdn -. Se questo scenario economico si realizzerà, prevediamo tagli significativi dei tassi di interesse alla fine del 2023 o all’inizio del 2024. Ma i mercati finanziari sono lungimiranti, quindi gli investitori prezzeranno questi tagli prima della conferma delle banche centrali, creando un ambiente più favorevole per le obbligazioni”.

Terza ragione, le valutazioni relative. “Dopo un anno di turbolenze di mercato, le obbligazioni non erano così a buon mercato, rispetto alle azioni, dai tempi della bolla tecnologica dei primi anni 2000 – fa notare Athey -. Le azioni hanno un margine di manovra per scendere ulteriormente. Storicamente, il massimo drawdown per le azioni, rispetto alle obbligazioni, da questo tipo di confronto di valutazione può variare dal 25% al 75%. I precedenti periodi in cui le valutazioni dei titoli obbligazionari, rispetto a quelle delle azioni, erano così interessanti si sono verificati in genere al culmine dei mercati azionari. Le azioni sono ancora piuttosto costose, mentre le obbligazioni sono piuttosto economiche. Gli investitori di lungo termine e gli asset allocator dovrebbero iniziare a tenerne conto nel 2023”.

“Se abbiamo ragione, nel 2023 assisteremo probabilmente a un indebolimento della crescita economica, a un calo dell’inflazione e a politiche delle banche centrali più favorevoli agli asset finanziari. Gli investitori anticiperanno questi cambiamenti e inizieranno a spostarsi dalle azioni cicliche (e costose) verso le obbligazioni difensive (e poco costose). Se tutte queste condizioni si verificheranno, dovrebbero creare un anno molto più positivo per gli investitori obbligazionari”, conclude.

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