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Small cap Usa, 4 ragioni per investire

Dalle valutazioni ai venti di coda secolari, per T. Rowe Price è il momento di puntare sulle società più piccole, poiché l’economia statunitense potrebbe rivelarsi più resiliente del previsto

Pochi dubitano del fatto che l’attuale contesto di mercato statunitense resti complesso: l’inflazione, l’aumento dei tassi d’interesse e l’indebolimento della crescita sono tutti fattori che pesano sulla fiducia degli investitori. E non sorprende che l’incertezza del panorama abbia visto gli asset più rischiosi soffrire maggiormente nell’ultimo anno. Tuttavia, secondo Curt Organt, gestore del fondo T. Rowe Price Funds Sicav – Us Smaller Companies Equity di T. Rowe Price, il pendolo del ‘risk off’ si è spostato troppo in là per le società più piccole, poiché l’estremo pessimismo sulle prospettive macro si è scollegato dai fondamentali sottostanti. 

Alla luce di questo, il gestore ha quindi individuato quattro motivi per cui il 2023 potrebbe essere un momento opportuno per puntare sulle società più piccole, poiché l’economia statunitense potrebbe rivelarsi più resiliente di quanto previsto.

1. Valutazioni estreme

Secondo Organt, raramente l’argomento delle valutazioni è stato più convincente per le società statunitensi di minori dimensioni. “Dal picco del novembre 2021 – osserva – le valutazioni sono scese precipitosamente e ora si aggirano sui minimi storici rispetto alle società più grandi. È dal crollo della bolla tecnologica che le valutazioni relative alle piccole capitali non sono così convenienti. L’estremo sconto di valutazione attualmente applicato alle società statunitensi più piccole suggerisce l’aspettativa di una recessione economica profonda e prolungata, a nostro avviso lo scenario peggiore”. 

Sebbene gli Stati Uniti possano attraversare un periodo di recessione nel breve termine, per il gestore una tale flessione sarà probabilmente più breve e meno profonda di quanto non lascino intendere gli attuali livelli di valutazione estremi. “Da notare – sottolinea – che la storia dimostra che quando in passato le valutazioni delle società più piccole hanno raggiunto simili livelli, le stesse hanno poi guidato la ripresa del mercato, sovraperformando le loro controparti statunitensi più grandi per diversi anni”.

2. Le aspettative sugli utili rimangono solide

Dato il forte calo delle valutazioni delle società di minori dimensioni nell’ultimo anno, per Organt si potrebbe ragionevolmente supporre che anche gli utili siano scesi a picco. In realtà, nonostante il contesto difficile, le aspettative sugli utili delle società dell’indice Russell 2000 sono rimaste relativamente stabili, ma i prezzi sono scesi bruscamente. Al contrario, le aspettative per i titoli più grandi dell’indice Russell 1000 hanno subito maggiori revisioni al ribasso, ma i prezzi non hanno generalmente seguito il loro esempio.

“Il risultato – fa notare – è stato una significativa compressione dei multipli prezzo-utile delle società più piccole, nonostante le prospettive aziendali sottostanti non siano state influenzate in modo sostanziale. Per fornire un contesto, gli attuali livelli dei multipli p/e prevedono un forte calo degli utili delle società più piccole, simile a quello registrato all’indomani della crisi finanziaria globale. A nostro avviso, ciò è improbabile”.

3. Il potere di determinazione dei prezzi

Il gestore ricorda poi che, storicamente, le società più piccole hanno registrato alcune delle loro migliori performance, sia in termini assoluti sia rispetto alle large-cap, durante i periodi di inflazione elevata ma in via di attenuazione (il contesto in cui ci troviamo attualmente negli Stati Uniti). Ciò, a suo dire, è dovuto almeno in parte al fatto che le società più piccole sono più agili e quindi più rapide nel reagire ai cambiamenti del contesto rispetto alle loro controparti più grandi.

“Al contempo – continua – si ritiene che le aziende più piccole siano spesso dei price taker, con una capacità limitata di esercitare un potere di determinazione dei prezzi. In realtà, molte piccole imprese operano in settori di nicchia o in aree di mercato poco servite, e quindi hanno un potere di determinazione dei prezzi superiore a quello che le loro dimensioni potrebbero far pensare.

Anche se un’azienda non può controllare il prezzo di un prodotto finale, ciò non significa che non possa influenzare i profitti. Ad esempio, molte aziende più piccole possono essere componenti critici all’interno di processi o catene di fornitura più complessi. Come è emerso chiaramente negli ultimi anni, una bassa offerta e un’elevata domanda di qualsiasi componente lungo la catena di fornitura si traducono in prezzi più elevati per il suo produttore”.

4. Potenti venti di coda secolari

Infine, per Organt le aziende più piccole sono quelle che possono trarre i maggiori benefici dall’emergente trend di migrazione dalla globalizzazione verso un’economia mondiale più regionalizzata, una tendenza particolarmente evidente negli Stati Uniti. “Le autorità stanno incentivando i produttori a portare le loro attività in patria, con ingenti investimenti per garantire la sicurezza della catena di approvvigionamento – evidenzia -. È probabile che le aziende di piccole dimensioni godano di una significativa spinta sul fronte della domanda, dato che di solito sono più sensibili all’economia nazionale rispetto alle loro controparti a grande capitalizzazione”. 

Inoltre, per il gestore, anche il dollaro forte ha storicamente favorito i titoli delle piccole imprese Usa. Mentre le società più grandi, con una maggiore esposizione ai mercati internazionali, tendono a essere svantaggiate da un dollaro più forte a causa di fattori di conversione valutaria, nonché di una domanda potenzialmente più debole per i loro beni e servizi.

“L’avversione al rischio degli investitori è comprensibilmente aumentata negli ultimi tempi. Tuttavia – conclude -, negli ultimi 12 mesi le società statunitensi di minori dimensioni sembrano essere state colpite in modo sproporzionato dal ‘risk off’. Le valutazioni relative rispetto alle società più grandi sono scese a livelli storicamente bassi, nonostante gli utili siano rimasti relativamente solidi. Ciò suggerisce uno scollamento tra i prezzi delle small-cap e i fondamentali sottostanti, che potrebbe rapidamente rientrare in presenza di segnali che indicano che l’inflazione è contenuta, che l’aumento dei tassi ha raggiunto il suo picco e che l’economia si sta dimostrando più resistente di quanto generalmente previsto. Nel frattempo, la storia ci dice che le small-cap potrebbero tendere a sovraperformare in modo deciso all’uscita da un rallentamento e in vista della ripresa. Con le forti tendenze all’onshoring e il dollaro forte a fare da volano, riteniamo che questo sia il momento giusto per iniziare a pensare di aggiungere un’esposizione alle small-cap”.

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