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L’inflazione brucia 25 miliardi di risparmi: le Regioni più penalizzate

L’aumento dei tassi Bce, passati in un anno da zero al 4%, ha causato un pesante impoverimento delle famiglie. Soprattutto al Nord

La più grave conseguenza dell’inflazione è “un Paese con banche più ricche e famiglie più povere”. Lo sostiene l’Ufficio studi della Cgia di Mestre, che ha calcolato come nel 2022 gli istituti di credito hanno totalizzato, al netto delle imposte, 21,8 miliardi di euro di utili, praticamente 8 miliardi in più rispetto al 2021 (+58%), mentre i risparmi delle famiglie, tra il marzo dell’anno scorso e lo stesso mese di quest’anno, hanno subito una riduzione pari a 25,2 miliardi di euro.

Si tratta di uno degli effetti economici che ha colpito l’Italia a seguito dell’aumento dei tassi di interesse verificatosi in questo ultimo anno che, secondo la politica monetaria decisa a Francoforte, ha l’obbiettivo di raffreddare il caro prezzi. Se infatti a giugno del 2022 il tasso principale di rifinanziamento della Bce era pari a zero, a partire dal prossimo 21 giugno toccherà la soglia del 4%.

I tassi Bce pesano solo sui risparmi

Questo vuol dire che, rispetto a 12 mesi fa, coloro che oggi chiedono un prestito o hanno un mutuo a tasso variabile hanno subito un aumento del costo del denaro molto importante. Assicurando, nel contempo, un vantaggio economico in particolar modo a chi per mestiere presta denaro, cioè e banche. Diversamente, i tassi di interesse attivi, ovvero quelli praticati sui nostri depositi bancari, sono rimasti pari a zero. Tale situazione, con una inflazione quasi a due cifre, ha contribuito a erodere i risparmi degli italiani. 

Bruciati 25 miliardi di risparmi

Inoltre l’impennata dell’inflazione ha costretto molti nuclei familiari ad attingere dai risparmi le somme necessarie per fronteggiare il carovita. L’effetto combinato di questi due aspetti economici ha alleggerito il conto corrente degli italiani di oltre 25 miliardi di euro. 

Per fronteggiare questa situazione, secondo la Cgia di Mestre, non ci sono misure miracolistiche. “Tuttavia – si legge nel report – una delle poche cose che il governo potrebbe mettere in campo è una politica redistributiva che tolga qualcosa ai settori che da questo scenario hanno realizzato extraprofitti importanti (creditizio, energetico, farmaceutico, etc.), distribuendoli, sotto forma di riduzione delle imposte erariali, al ceto medio che non ha ancora beneficiato di alcuna riduzione del carico fiscale. Unica misura, quest’ultima, che potrebbe contrastare la perdita di potere d’acquisto verificatasi a partire dall’inizio del 2022”.

Le differenze regionali

A livello regionale, la “sforbiciata” da 25,2 miliardi subita dalle famiglie vede le contrazioni percentuali più significative per le regioni del Nord. Lombardia e Liguria (-3,5%), Emilia Romagna (-3,9 per cento) e il Piemonte (-4,7%) sono le aree geografiche dove le famiglie hanno subito l’erosione più importante. A livello provinciale, invece, le famiglie più colpite risiedono ad Asti (-8,12%); seguono quelle di Cuneo (- 7,11%), Biella (-6,81%), Rimini (-6,46%), Vercelli (-5,68%) e Lodi (-4,92%). Chi, invece, non ha risentito di questa situazione sono, in particolar modo, le famiglie residenti nel Sud, dove l’inflazione è cresciuta meno che nel resto d’Italia.

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